Pensabilità, impensabilità


Riccardo Romano




La pensabilità è stato per anni l’oggetto principale di ricerca di un gruppo di studio costituito soprattutto da psicoanalisti di gruppo che si è arricchito man mano di apporti di altri studiosi: filosofi, giuristi, insegnanti, artisti; in conseguenza di ciò la nostra concezione della pensabilità si è allargata fino ad interessare tutte le forme della conoscenza; la psicoanalisi restando custode del metodo, ma con un uso diverso da quello dell’applicazione. Quando la psicoanalisi si interessa di altre discipline, in particolare di scienze sociali, si dice che essa viene applicata ai fatti sociali o ad altro. La psicoanalisi applicata è quanto di meno psicoanalitico si possa immaginare, perché l’applicazione significa mettere qualcosa su qualcosa. Si applicavano i cataplasmi, cioè si metteva sulla parte malata e sofferente un rimedio che lenisse il dolore; ma la psicoanalisi usa il metodo opposto, cioè toglie le coperture e le incrostazioni difensive e non ne aggiunge altre. Oppure il concetto di applicazione mi fa pensare alla disseminazione di mine in un territorio nemico che non si riesce a conquistare. Sappiamo i disastri che quest’uso feroce delle mine comporta per molto tempo dopo. Mi sembra che l’applicazione della psicoanalisi a discipline diverse le abbia disseminate di innumerevoli spiegazioni in cui si inciampa continuamente bloccando ed impedendo il libero transito delle idee, mentre lo scopo della psicoanalisi è esattamente quello di bonificare la mente dalle trappole ed impedimenti alla libera circolazione dei pensieri ed emozioni. Bisognerebbe invece, come dice Freud, gettare un ponte tra la psicoanalisi e le altre discipline; la funzione di gettare ponti è propria dei miti, la conoscenza dei quali per la pensabilità è fondamentale. Si può dire che la psicoanalisi favorisce la pubblic-azione (da “public-ation”, W.R. Bion) di pensieri inediti; cioè rende possibile la trasformazione di pensieri inconsci, o di sensazioni, o di affetti senza rappresentazione, in pensieri pubblicabili. Queste idee sulla pensabilità e sulla pubblic-azione, che sono state sviluppate a partire dalla necessità di dare fondamento al metodo scientifico della psicoanalisi, ritengo abbiano valore anche per capire il nostro attuale rapporto difficile con la realtà. Non è difficile la realtà, come si va ripetendo, perché la realtà è sempre difficile essendo altro da noi; è difficile l’attuale modo di rapportarsi ad essa.

L’uso estremo e non riconosciuto che si fa dell’impensabilità come impossibilità di trasformare la pioggia di stimoli sensoriali in un senso comune stabile e ristretto, che abbia anche eticità e passionalità, è il principale ostacolo alla pubblic-azione di sempre più vasti settori dell’opinione pubblica intellettualmente attiva. L’impensabilità non consente alcuna pubblic-azione; le comunicazioni conseguenti quindi non sono pensieri ma ripetizioni meccaniche del già noto. La pubblic-azione essendo una trasformazione prevede una quota di invarianti, ma anche una quota di variabilità, cioè di pensiero creativo. Noi riteniamo che il problema attuale più drammatico della civiltà occidentale sia la rinuncia collettiva alla pensabilità e quindi alla pubblic-azione. L’enorme quantità di pubblicazioni scritte ed orali non è una smentita ma una conferma dell’impossibilità di un pensiero nuovo. Il sentimento diffuso dell’impotenza a pensare il nuovo induce alla rinuncia collusiva del pensare originalmente ed appiattirsi sull’impensabilità generale, mascherata da una chiacchiera continua che conferma la falsa coscienza del mondo culturale occidentale. La diffusa impensabilità è dovuta a questa rinuncia alla pubblic-azione come la intendiamo noi, da parte della stragrande maggioranza degli uomini di intelletto. Nonostante si producano continuamente immagini e figure mitiche, di ciò non si ha alcuna consapevolezza e di conseguenza nessuna interpretazione. Perciò è opportuno non limitarsi alle spiegazioni, ma procedere alla diagnosi dell’attualità mitica. Infatti alcuni accadimenti acquistano subito valore di miti perché condensano in un senso comune o comunque rappresentabile e riconoscibile pezzi di emozioni, frammenti di passioni che si avvertono aleggiare intorno alle cose del mondo, quando all’improvviso un accadimento consente di dare un contenitore di senso narrabile. La tragedia di Novi Ligure, i black block, l’11 settembre, Bin Laden, i burqa e i Talebani, sono diventati miti, anche se negativi, di questo tormentato inizio di secolo; ma i miti non vanno spiegati, non possono essere spiegati, come tutti si affannano a fare. I miti vanno interpretati, cioè raccontati in uno o più degli infiniti modi possibili con cui un evento entra nel nostro mondo di significati. I miti vanno interpretati come un violinista interpreta Paganini o un attore Shakespeare. Le interpretazioni riuscite acquistano carattere di diagnosi del mondo attuale.

L’attitudine alla pensabilità promuove la pubblic-azione. Il passaggio, cioè, da un processo di pensiero trasformativo privato ad un pensiero pubblico e responsabile. La pensabilità attiva un pensiero responsabile, l’impensabilità un pensiero irresponsabile. La vanità della conoscenza è direttamente proporzionale alla irresponsabilità del pensiero e quindi è collegata alla impensabilità. L’enorme produzione di apparente conoscenza in cui è immerso il mondo occidentale attuale è in effetti vana, perché la comunicazione dell’informazione è sempre più impersonale ("si dice", "dicono") e quindi irresponsabile. Tant’è che se accusati di un’affermazione si può facilmente rivendicare il diritto di irresponsabilità negandone l’appartenenza. Così il mercato di tutti (globale) non soltanto è interesse principale di pochi, ma per di più è privo di responsabilità perché viene dichiarato (interesse) di tutti. La pubblic-azione, quindi, è l’ultimo atto privato del processo della pensabilità ed il primo atto pubblico, responsabile e relazionale del pensiero, che se posto in contatto con il mondo promuove un nuovo processo di pensabilità.

Noi vogliamo partire dai fatti scelti, dagli accadimenti che acquistano per noi valore di stimoli, equivalenti agli stimoli sensoriali negli individui, da cui ha origine la pensabilità. Lo stimolo sensoriale "induce" una domanda o una serie di domande che "ispirano" una "ipotesi" che non serve a dare risposta alla domanda ma a gestirla (a mantenerla, ad elaborarla) e a non scaricarla velocemente con delle risposte, spiegazioni, superficiali. Lo stimolo sensoriale attiva o dovrebbe attivare il senso comune: ciò che abbia il massimo accordo nel denominare un senso e abbia il minimo grado di molteplicità di significati. Partire dai fatti sentiti come eventi che ci riguardano, e non come appartenenti ad altri o ad altri contesti. Per effetto della globalizzazione dell’informazione ogni accadimento, anche se spazialmente lontanissimo, è come se fosse sensorialmente prossimo. Cioè siamo immersi in una situazione di stimolazione sensoriale di accadimenti vicini o lontani, piccoli o grandi, che ci obbligano, pena l’impazzimento, a trovare a questi stimoli un senso comune e un significato unitario, cioè non contraddittorio e assurdo. Nell’individuo il senso comune di una esperienza si ricava dall’accordo dei vari sensi in una ipotesi verificabile. I miei vari sensi concordano nel dirmi che questo che ho in mano è un foglio di carta da scrivere. Nei gruppi e nelle società il senso comune si ricava dall’accordo dei significati che ognuno dà dell’esperienza comune.

Accade che un avvenimento o la conoscenza di un avvenimento incomba nella nostra esperienza ad esigere di avere un senso. Se veniamo a conoscenza della strage cruenta di una madre e un bambino ad opera della figlia e del suo moroso; oppure facciamo esperienza visiva dello sterminio di migliaia di persone, sbriciolate dal crollo di enormi termitai umani, ad opera di intenzionali schianti di aerei bomba stracolmi di gente e di odio; allora dobbiamo cercare di dare un senso a tutto ciò. Invece ciò che osserviamo nella società della informazione e della cultura, è un’eccessiva attenzione e concentrazione sul fatto per breve tempo, tanto quanto basta a distaccarlo velocemente con delle spiegazioni che, alla superficialità, abbinano il fatto di non produrre una comprensione condivisa. Il senso o è imposto e subìto passivamente e falsamente o è impossibile che si crei in comune per effetto di una litigiosità tanto forte quanto artefatta all’unico scopo di impedire il raggiungimento di un senso comune, maturato attraverso una elaborazione, cioè un lavoro di presa di contatto, dell’informazione, del fatto.

Né l’imposizione ricattatoria di un significato, ad esempio la spiegazione reattiva unilaterale e unidirezionale degli attacchi alle torri operata dal governo americano, né l’impossibilità di trovare un senso unitario e coerente, ad esempio il dibattito-scontro fatto di spiegazioni pseudo-scientifiche della strage di Novi Ligure, possono sopperire ai guasti derivanti nella società dalla mancanza di un accordo collettivo dei significati. Quando il senso comune in un individuo o in un gruppo è inoperante non è possibile il pensiero nuovo, la sua pubblicazione e quindi il progresso scientifico, inteso come progressivo approfondimento della conoscenza e adeguamento della condotta. Questa rivista, radicandosi in questa consapevolezza, vuole essere uno spazio per attivare la pensabilità e la pubblicazione, e non l’ennesima sterile comunicazione fatta da presunti esperti a presunti esperti. Pertanto, se il contenuto prenderà avvio dai fatti che acquistano un significato mitico, non si vogliono dare spiegazioni ma cercare le domande "giuste" attraverso l’associazione di più idee provenienti da campi diversi e attraverso il mantenimento dell’attenzione per un tempo indefinito, stabilito dall’elaborazione e non dal consumismo dei fatti. La domanda porta con sé una contraddizione; l’esigenza di essere soddisfatta da una risposta, che la superi e la seppellisca dimenticandola; ed un’esigenza di essere tenuta in vita e soddisfatta dal mantenimento stesso della domanda.



Tratto dall’Editoriale al n.1 dei «Quaderni di Pubblic/azione»